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Ancient tale of anger management

Posted in Uncategorized with tags , , on 23 novembre 2009 by Gemma

Tempo fa, in mezzo a tutto il ciarpame di cui solitamente trabocca la mia casella di posta, scovai una storiella simpatica inviatami da un amico.

In questi giorni mi è tornata in mente, per cui va da se’ che ora ve la ciucciate.

Forse non sarà fedelissima al racconto originale, eh, ma insomma spero che renda uguale.

C’ERA UNA VOLTA…

…un ragazzino, non più bambino, ma non ancora adolescente, il quale era parecchio, ma parecchio incazzoso.

Al limite del rognoso, come oggi sono solo quei piccoli cabinotti viziati e arroganti cui tutto è dovuto, che le mamme depositano a scuola/lezione di nuoto dall’alto del loro SUV tra una seduta di acido ialuronico e una palpata dell’istruttore di fitness (sebbene al tempo della storiella non ci fossero ne’ SUV ne’ mamme conciate come teenager ne’ il nuoto).

Questo ragazzino, dicevamo, aveva sempre qualche motivo per essere scontento o litigare con qualcuno, e più litigava più si irritava, e più si irritava più attaccava briga, in un circolo vizioso da cui l’imberbe spaccamaroni pareva destinato a non uscire più.

Il babbo, invece di rivolgersi allo psicanalista di turno o imbottire il figliolo di Rohypnol, lo prese da parte dopo l’ennesima sfuriata, gli mise un martelllo in mano e gli disse:

“Figlio mio. Da questo momento in poi, ogni volta che ti sarai arrabbiato con qualcuno, prenderai un chiodo e lo pianterai nella staccionata di casa!”.

Il primo giorno il pargolo ne conficcò così tanti che il primo palo della recinzione somigliava vagamente ad una pianta grassa.

E così via il secondo giorno, così come il terzo.

Dopo una settimana lo sbarbino intuì che sarebbe stato più arguto evitare di farsi saltare la mosca al naso per ogni quisquilia, invece di crivellare la povera palizzata.

Pertanto, poco per volta, cercò di imparare a dominare la propria irascibilità e, di conseguenza, iniziò a diminuire il numero di chiodi piantati ogni giorno…

Finchè, una bella giornata di sole, mentre gli uccellini cinguettavano e le caprette ti facevano ciao, il ragazzino riuscì a non conficcarne neppure uno!

Quando, tutto orgoglioso, tornò dal babbo, si sentì dire:

“Complimenti, figlio mio, sono fiero di te! Ma il tuo lavoro non è ancora finito…”

(Lo sapevo che il vecchio mi avrebbe fregato, pensò. Ma non disse nulla, per non tradirsi.)

“Ora -continuò il padre-, per ogni volta che ti sarai scusato per le tue azioni ed avrai avuto una buona parola per qualcuno, sarai autorizzato a togliere uno e un solo chiodo dalla recinzione”.

Il ragazzino si armò di pazienza e buoni propositi e passarono giorni, per non dire settimane, per non dire mesi…

Finchè un bel dì, uno di quelli con il sole e gli uccellini cinguettanti e le caprette educate (vedi sopra), si rese conto di averli finalmente rimossi tutti!

Il padre, volendo verificare di persona, si recò assieme a lui presso lo steccato, che pareva un muro di Belgrado dopo la guerra civile, e disse:

“Ragazzo mio, sono davvero contento per te.

Ora, però, osserva com’è ridotta la recinzione: vedi tutti quei fori?

Cerca di tener presente che per ciascuno di essi qualcuno ha sofferto, si è angustiato, è rimasto offeso o deluso.

Ed è così che va la vita.

Puoi piantare un chiodo, poi toglierlo…

Così come puoi conficcare un pugnale in un uomo, per poi ritrarlo.

Ma rimarrà comunque una ferita che non si rimarginerà facilmente, se mai guarirà.

E vedi, le parole sono ancor più affilate di qualunque lama.

Non puoi scagliarle e pretendere che tutto torni come prima, una volta pronunciate.

Ma puoi far sì che in futuro nessuno abbia a soffrire per causa loro.”

[Fin]

Questa è solo una storiella, peraltro vecchia quanto il mondo (o almeno quanto i chiodi!), ma la volevo regalare a un paio di persone a me care, che credo capiranno il perché.

Vi voglio bene, chicas.